Terza parte del diario di viaggio di Massimo Bani - www.traduttorefirenze.it. Ci siamo! Lasciata Mosca, insieme all'amico Filippo, inizia il lungo viaggio in Transiberiana, un treno che è quasi un mondo a parte ...
Sette
Saliamo sul treno e individuiamo la nostra cuccetta. Abbastanza
decente. Non proprio uno specchio ma con le lenzuola e le coperte pulite che ci
portano assume un aspetto dignitoso.
Dopo oltre una settimana passata a cercare di
orientarmi e farmi capire, cambiando letto quasi ogni notte, con sempre
qualcosa a cui pensare e da fare per proseguire nel viaggio, adesso ne ho
davanti un’altra circa in cui invece rimarrò sempre nello stesso posto, pur
attraversando tutta la Siberia. Nessun messaggio da scrivere, nessuna
telefonata da fare, nessuna questione impellente da risolvere. I sentimenti
sono contrastanti. Da una parte mi sento sollevato, perché sul treno non ho
nessuna responsabilità, posso staccare un po’ il cervello: ho pagato (poco)
affinché qualcuno mi porti lentamente quasi al finisterre asiatico. D’altra
parte mi chiedo cosa succederebbe se la situazione mi si rivelasse
insopportabile, perché le vie d’uscita sarebbero davvero complicate.
I compagni di cuccetta sono una coppia di russi di
mezza età che vivono in Spagna, nella zona di Almería. Con il marito, Yuri, ci
si intende mischiando russo, spagnolo, inglese e gesti, così può raccontarci
che in Russia il lavoro non gli mancava, però in Spagna può permettersi un
tenore di vita migliore. Ad Almería Yuri ha cominciato trovando impiego nelle
serre. I suoi compagni di lavoro provenivano tutti dall’Africa e dall’Europa
dell’est. A lungo andare, il forte riverbero della luce nelle serre ha causato
dei problemi seri alla vista di Yuri. Adesso dice che lavora come autista di
pullman e non capisco come possa fare un lavoro del genere chi ha dei problemi
agli occhi.
Viaggiamo in seconda classe, la scelta classica dei
turisti non facoltosi. Nel nostro stesso vagone ci sono anche dei ragazzi
tedeschi e slovacchi, tutti forti bevitori di birra e quasi sempre ubriachi,
tutti con viaggi incredibili alle spalle. Scenderemo quasi tutti a Irkutsk,
perché sembra che i pressi del lago Bajkal siano interessantissimi. E pensare
che fino a tre giorni fa io neanche sapevo dell’esistenza di questo lago. Comunque
nella comitiva non ci sono idee precise su cosa fare e come muoversi una volta
arrivati a Irkutsk. Nessuno ha un programma ben definito. Siamo tutti in balia
del mondo.
La convivenza con la coppia russa procede senza problemi.
C’è molto rispetto reciproco: noi non siamo dei casinisti e loro sono gente
normalissima che vuole solo arrivare a casa senza problemi. Per mangiare
abbiamo a disposizione solo un tavolino molto piccolo accanto al finestrino. Se
la coppia russa vuole mangiare, noi usciamo affinché abbiano un po’ più di
spazio a disposizione. Il favore ci è poi ricambiato. Una volta ci affacciamo
nel vagone ristorante ma non è niente di che e non ci torniamo più.
Otto
Già al secondo giorno la conversazione con i compagni
di carrozza comincia a languire. Loro si risolvono ad ammazzare il tempo fumando
e bevendo, io faccio su e giù per il treno portandomi sempre la videocamera
alla ricerca di qualcosa di interessante da filmare. Filippo passa gran parte
del suo tempo nella cuccetta, a leggere e scrivere. Il treno è così lungo che a
raggiungerne con calma la coda, guardandosi intorno, e poi tornare dove siamo
noi, nei pressi della testa, passa quasi un’ora.
La seconda classe non è male ma forse sarebbe stata
più interessante la terza classe, quella in cui viaggia la stragrande
maggioranza dei russi, che ad agosto prendono il treno per tornare a casa dopo
aver passato l’anno a lavorare a Mosca o ancora più a occidente. Certo,
abituarsi al vagone aperto tipo camerata non sarebbe stato semplice all’inizio,
ma immagino che l’esperienza avrebbe ricompensato abbondantemente i disagi.
La
terza classe è piena, di persone e di cose. In discreto numero anche i cani. Familiari
e sconosciuti condividono pacificamente gli spazi. I bambini scorrazzano per i
corridoi gingillandosi con i giocattoli. Le donne tirano fuori fagotti con
dentro il mangiare. Gli uomini passano gran parte del tempo a giocare a carte. Mi
viene da pensare che su questo treno ci si potrebbe anche vivere e abitare, in fin
dei conti c’è tutto quello che serve. A cercar bene e con un po’ di pazienza ci
si potrebbe anche trovare moglie e farci dei figli.
Nove
Il treno transiberiano è come una piccola città che
lungo il suo percorso riceve e offre elementi di sopravvivenza. Durante le
soste più lunghe si scende, ci si sgranchisce le gambe e si socializza con le
persone degli altri vagoni. In queste occasioni, sui marciapiedi dei binari
prendono vita dei mercatini estemporanei.
Gli abitanti del posto arrivano offrendo
ai viaggiatori di tutto: manufatti in vetro della fabbrica vicina, lamponi del
bosco circostante, vestiti, cianfrusaglie varie, cibo. Va fortissimo il pesce
essiccato. I mercatini sono dominati dalle babushka, sfiorite signore di mezza
età, in larga parte abusive e quindi in contrapposizione con gli ambulanti regolari,
con licenza e permesso. Nelle stazioni dove la contrapposizione è più aspra si
assiste a delle gran discussioni fra le babushka e i poliziotti, che hanno in
testa dei padelloni enormi. Non capisco il russo ma mi posso ben immaginare il
dialogo:
Poliziotto: «Ti avevo avvertita che qui non ci devi
più venire. C’è chi paga un permesso per venire a vendere qui. Sei abusiva, te
ne devi andare!»
Babushka: «Io voglio solo guadagnare qualcosa per
mandare avanti la famiglia. Mi lasci in pace!»
Poliziotto: «Questo non è un problema mio. Ci sono
delle regole che devi accettare e che io devo far rispettare. Smamma! O tutta
questa roba te la butto in mezzo ai binari!»
La babushka ha sempre la peggio e può scegliere se
andarsene senza fare ulteriore resistenza oppure prendersi anche qualche spintone
e altre sgridate.
Anche se nessuno dice niente, tutti gli “abitanti” del
treno fanno il tifo per le babushka, perché sono quelle che vendono le cose più
buone. E non potrebbe essere altrimenti, perché preparano il mangiare in casa, giusto
in tempo per l’arrivo del treno. Dopo un’iniziale diffidenza, mi decido anche
io a comprare dalle babushka più cose possibile.
Dieci
Dopo un po’ scopriamo che stiamo percorrendo la linea
Ural, più a sud della linea transiberiana principale, con la quale ci
ricongiungeremo più avanti. A ripensarci, forse le gran discussioni a Mosca per
comprare il biglietto riguardavano proprio la linea ferroviaria. Poiché non
c’era posto sulla linea principale, siamo stati dirottati sulla Ural. Per noi
non cambia nulla. Adesso che lo sappiamo, dal finestrino cerchiamo di
indovinare i fiumi che attraversiamo e le catene montuose. Probabilmente non
azzecchiamo neanche un nome. Siamo ignoranti, si sa.
A un certo punto la coppia di russi comincia a
rimettere tutto nelle borse. Scenderanno nel corso della notte a Ishim. Ci
salutiamo con apprezzamenti reciproci e per il popolo italiano, quello russo e
anche quello ucraino. Le solite cose che fanno gli sconosciuti che vivono a
stretto contatto per un po’ e poi non si rivedranno mai più. Per il resto del
viaggio avremo tutta la cuccetta a nostra disposizione. Una bella comodità.
Quasi tutto il personale del treno è composto di
giovani buriati. Sono studenti che in estate prestano servizio fino a Mosca e
ritorno per raggranellare un po’ di soldi. Svolgono diligentemente il loro
lavoro ma hanno anche voglia di chiacchierare e divertirsi, così per noi
diventano un’altra risorsa per ammazzare il tempo delle interminabili giornate
a bordo del treno. Dobbiamo passare tutti insieme circa cinque giorni. Nella
nostra carrozza i viaggiatori sono quasi tutti uomini. Di servizio sul treno ci
sono quasi tutte donne, è quindi inevitabile che qualche giovane viaggiatore
cominci a flirtare con le ragazze dell’equipaggio. In alcune notti c’è un gran
viavai per il corridoio. Assisto anche a una vera e propria dichiarazione, con
tanto di invito ad andare a vivere in Slovacchia.
(fine terza parte)
Testo e immagini: Massimo Bani - www.traduttorefirenze.it
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