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Diaro di Viaggio: Mongolia!

Lasciata la Siberia, Massimo Bani (www.traduttorefirenze.it) con il compagno di viaggio Filippo Martelli, entrano in Mongolia e fanno tappa a Ulaanbaatar in attesa di proseguire il loro viaggio. Da qui inizia il racconto di oggi ...



Mongolia - Ulaanbaatar

Ci risvegliamo all’alba, ormai nei pressi di Ulaanbaatar. Il binario unico si dipana fendendo le colline in alta quota che circondano la capitale. Poi l’elettrificazione si fa più intensa e scorgiamo le prime case, la periferia della città, infine entriamo in stazione dove il personale dei vari ostelli e alberghi si distingue tenendo in mano il cartello della propria struttura. Individuiamo S., la couchsurfer austriaca che ci ha offerto ospitalità.
Quando ho pensato questo viaggio non sapevo quasi niente della Mongolia e chiedere ospitalità a uno sconosciuto, utilizzando il couchsurfing per la prima volta, mi è sembrata la cosa più saggia e interessante da fare. Nel corso del viaggio mi sono tenuto in contatto con lei, affinché si ricordasse del nostro arrivo e per fortuna lo ha fatto.

Dopo le presentazioni, S. ci fa salire sulla sua macchina sporca e scassata, trasandata quanto la proprietaria, e ci dirigiamo verso la sua abitazione, che non abbiamo idea di dove sia. Arriviamo in una sorta di baraccopoli ordinata, dove le case di legno e lamiera si allineano lungo le stradine fangose. S. ci fa entrare nel suo cortile; passiamo accanto alla latrina ed entriamo in casa per prendere un tè e fare due chiacchiere, poi lasciamo i bagagli nella gher dove dormiremo, cercando di non svegliare la gente che c’è dentro. Siamo ancora nelle prime ore del giorno, incontriamo un ospite di S. che è già sveglio, si chiama Alex, è tedesco, ci dice che ha intenzione di andare nel Gobi insieme a un certo italiano ma questo italiano nel frattempo è sparito e adesso deve capire cosa fare.



Verso le 8 usciamo per capire meglio dove ci troviamo. C’è poco movimento intorno. Oltre alle casupole notiamo alcuni spacci di alimentari, un tempio buddista e una piccola discarica. Incrociamo un tipo strano, dall’aspetto bizzarro, un po’ squilibrato, che cerca di parlare con noi. Noi non sappiamo una parola di mongolo e ci smarchiamo in fretta per tornare verso la casa di S. a cui chiediamo di accompagnarci in centro città. Si unisce a noi Erik, un ragazzo olandese anche lui ospite. Durante il breve viaggio S. ci consiglia di andarcene il prima possibile perché “la vera Mongolia è la fuori”, dice. Beh, dopo aver visto la baraccopoli e un po’ di città non posso che essere d’accordo e sperarci vivamente.



Arriviamo nei pressi dell’ufficio della MIAT, la compagnia di bandiera mongola, Erik se ne va per la sua strada, S. ci scrive un bigliettino con alcune indicazioni per tornare a casa sua. Intendiamo fare subito il biglietto aereo per Hanoi, in Vietnam, dove concluderemo il nostro viaggio visitando un paio di cose che non avevamo avuto tempo di vedere qualche anno prima. Compriamo subito un biglietto che ci sembra ottimo per 608 dollari americani.

Usciti veniamo assaliti dai dubbi. Il volo da Ulaanbaater a Hanoi prevede uno scalo a Pechino ma la seconda parte non sembra andare diretta in Vietnam ma prevede un secondo misterioso scalo a Guangzhou. Non abbiamo il visto per la Cina e tutti questi scali ci fanno venire dei pensieri. Entriamo in un internet point per fare delle ricerche e capirci qualcosa di più ma non ci chiariamo molto le idee. Torniamo anche alla MIAT ma non sanno dirci niente di più. Filippo è un po’ preoccupato, io meno, tanto non possiamo farci niente: non ci sono altri modi di raggiungere Hanoi da qui. Alla fine ci arrendiamo al destino e usciamo per mangiare qualcosa.



Per strada i mongoli festeggiano la loro prima conquista di una medaglia d’oro alle Olimpiadi. Camminiamo per la città cercando di chiarirci le idee sul da farsi nei prossimi giorni e in cerca di occasioni. Ci fermiamo in un’agenzia di viaggio che ci offre un tour esclusivo per una cifra pazzesca, salutiamo cordialmente e andiamo oltre. Continuando nell’esplorazione della città ci imbattiamo nel Golden Gobi Hotel, dove incontriamo i tizi compagni di cena e bevute sul treno dal confine a qui. L’albergo offre anche delle escursioni e noi diciamo decisi che vogliamo farne una di una settimana che parta subito, punto. Ci propongono sei giorni di escursione tutto compreso a 250 dollari con partenza domani mattina. Affare fatto. Però la cosa non è ancora certa perché devono trovare altre persone per riempire il pulmino. Dobbiamo ripassare tra un paio d’ore per la conferma. Inganniamo il tempo tornando su internet e bevendoci una birra. Torniamo al Golden Gobi, l’escursione è confermata. Comunichiamo all’organizzatore dove devono venirci a prendere con il pulmino l’indomani mattina e ce ne andiamo.



Dunque, dunque … le cose stanno prendendo una buona piega: ormai siamo praticamente a posto fino alla fine del viaggio, perché ad Hanoi sarà facile cavarsela. Si è fatto quasi buio, i mongoli intasano le strade per continuare i festeggiamenti per i loro successi olimpici. Noi dobbiamo tornare alla gher di S. ma non è facile capire esattamente come. Per fortuna nella baraonda incontriamo di nuovo Erik, con il quale prendiamo un bus che ci riporta verso casa dove anche noi potremo festeggiare la fine di una giornata estenuante, mentalmente e fisicamente. Durante il viaggio in bus Erik ci racconta di essere partito con i suoi amici dall’Olanda un bel po’ di tempo fa per raggiungere la Mongolia in bicicletta. Dopo poco però si sono resi conto che la loro era un’impresa impossibile e in realtà hanno viaggiato per lunghi tratti in treno. L’unica vera lunga escursione in bicicletta l’hanno fatta in Kazakistan, dove si sono beccati una multa dalla polizia perché sono entrati in una zona a cui non potevano accedere.



Arrivati a casa troviamo un ragazzo francese che prepara cena per sei persone (io, Filippo, Erik, Alex e altri due francesi). Avevamo promesso a S. che avremmo preparato la cena ma abbiamo fatto tardi e abbiamo ripiegato su una torta comprata al supermercato. Altri ospiti si affacciano in cucina ma non si trattengono. Commentando la serata, Erik dice una cosa che non mi scorderò mai più: “The road is a family”, la strada è una famiglia. Informiamo Alex dei nostri programmi per il giorno dopo e lui decide che domattina proverà a unirsi a noi, perché ha perso le speranze di andare nel Gobi con il fantomatico italiano. Alex è ospite di S. da qualche giorno e ci fa un po’ il quadro della situazione. S. si è trasferita in Mongolia molti anni addietro, ha sposato un mongolo, con il quale ha avuto due figli. La relazione però si è ben presto degradata perché il marito è spesso ubriaco e i loro ormai sporadici incontri si risolvono quasi sempre a suon di schiaffi, che lei da a lui. Più che altro lui viene a chiedere soldi, che S. comunque non ha, tant’è che spesso in casa manca l’acqua e i couchsurfer fanno la colletta per far riempire la cisterna sistemata sul tetto. Benché il quadro possa sembrare disperante, a noi viaggiatori S. offriva gratuitamente un posto dove passare la notte appagando e alimentando il sogno di un’avventura in cui la gratuità e la condivisione costituiscono gli elementi fondanti dell’esperienza. E per tutti noi era questa la cosa che contava. È ormai quasi mezzanotte quando andiamo a prendere posto nella gher per finalmente andare a dormire.

Testo e immagini: Massimo Bani (www.traduttorefirenze.it)

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